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88 i trionfi di eva

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Panzini - Trionfi di donna.djvu{{padleft:92|3|0]]sciolto, come a terra lontana. «E la purità delle opere buone discenda sulla vita come l’olio scende sulle onde in procella e le acqueta» diceva la mano di Regina che stringea la sua mano al modo che i piccoli bambini si tengono e si sorreggono quando camminano avanti.

Ad un tratto la mano di lei si staccò da lui, e l’indice si tese indicando davanti a sè: disse:

— Quello è il lumino di una bara!

Il viale dei tigli corre presso l’ospedale, da cui portano via i morti di notte, che così quivi è costume.

Il viale dei tigli era buio: in fondo un lumicino si accostava.

Quando il lumino fu da presso, apparve quello che era realmente.

Cioè una bara.

I due becchini la reggevano e avanzavano con quel loro largo e greve passo che oscilla or da una parte ora dall’altra.

Parve venire addosso la bara: Leo si tolse il cappello, Regina si segnò, della croce di Cristo.

Nessuno avanti, nessuno dietro: il fanale era infisso sopra la bara. Il lume si allontanò.

Quando il lume si fu allontanato, Regina disse:

— Sarà un pregiudizio, signor Leo, ma così senza croce, senza nessuno, fa pena: pare che l’essere nato, che l’essere vissuto sia stata una colpa; e gli uomini ne portino a seppellire le tracce come di un delitto.

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