< Pagina:Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

favole 145

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu{{padleft:173|3|0]]


la cornacchia e la pecora

Stavasi sulla groppa ad una pecora
  la cornacchia e beccavaia a bell’agio.
  Becca che becca, questa che in silenzio
  pativa, — Oh!, disse, se una tale ingiuria
  facessi al cane, ad un suo bau tu subito
  spulezzeresti — E la cornacchia: — O pecora,
  io non uso sul collo di tai bestie;
  so chi assalire, ch’ho molt’anni e pratica:
  noi s’è co’ forti pane e cacio: stuzzico
  soltanto i tristi. Che vuoi farci? è l’indole. —
Per certuni vilissimi e bassissimi
  che danno addosso agli innocenti, e tremano
  avanti i forti, è scritta questa favola.


il dromedario e la pulce

Per caso sulla groppa al dromedario
  che, con molti fardelli addosso, marcia,
  una pulce è salita, e molto piacesi
  che. le pare infinitamente crescere.
  Lunga è la strada: verso sera arrivano
  alla stalla. D’un lieve salto subito
  balza a terra la pulce, ecco, dicendogli:
  — Scendo che non vuo’ darti ancor disagio
  stracco morto così come devi essere. —
  — Tante grazie, risponde il dromedario;
  ma non poteva il peso tuo sentirmelo
  sì che sollievo or non ne sento proprio. —
Chi fa del grande essendo un omicciattolo
  da nulla, alfin lo marcano e lo beffano.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.