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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Pavese - Il mestiere di vivere.pdf{{padleft:170|3|0]] d’intendere che cosa pensi, e solo après coup vai a riscontrarne gli addentellati con giorni antichi.
È l’originalità di queste pagine: lasciare che la costruzione si faccia da sé, e metterti innanzi oggettivamente il tuo spirito.
C’è una fiducia metafisica in questo sperare che la successione psicologica dei tuoi pensieri si configuri a costruzione.
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È cosí che si fanno i canzonieri, l’hai detto nelle Certe poesie non ancora scritte. Sarebbe quindi illusoria la differenza tra «poesie» e «pensieri»? Basta dire che i pensieri sono tentativi di chiarire a te un problema, uno stato, e le poesie tentativi di creare un’immagine universale?? Non vedo che basti.
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Il problema è come per le opere omnia di tutta una vita: ciascuna costruita s’intende, ma nel loro complesso fanno successione o costruzione? È un sofisma ricordare che i secoli letterari sono inesistenti nella storiografia concreta: un secolo è un ente empirico, astratto, ma una vita, un individuo è qualcosa di piú.
Certamente, qualcosa di piú in quanto intende esserlo e costruirsi; ma di per sé, in successione meccanica di giorni, in quanto s’indaga après coup, ha dunque un’unità-costruzione implicita? quella che tu chiami unità metafisica.
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Inversamente. Un’opera singola, costruita, vien forse fatta in altro modo che saldando après coup — magari prima della stesura, beninteso — i diversi pezzi?
Verrà un tempo che la nostra fede comune nella poesia farà invidia.
Succede che io sono diventato uomo quando ho imparato a essere solo; altri quando hanno sentito il bisogno di accompagnarsi.