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Tradimento

Stamattina non sono più solo. Una donna recente
sta distesa sul fondo e mi grava la prua
della barca, che avanza a fatica nell’acqua tranquilla
ancor gelida e torba del sonno notturno.
Sono uscito dal Po tumultuante e echeggiante nel sole
di onde rapide e di sabbiatori, e vincendo la svolta
dopo molti sussulti, mi sono cacciato
nel Sangone. «Che sogno», ha osservato colei
senza muovere il corpo supino, guardando nel cielo.
Non c’è un’anima in giro e le rive son alte
e a monte più anguste, serrate di pioppi.

Quant’è goffa la barca in quest’acqua tranquilla.
Dritto a poppa a levare e abbassare la punta,
vedo il legno che avanza impacciato: è la prua che sprofonda
per quel peso di un corpo di donna, ravvolto di bianco.
La compagna mi ha detto che è pigra e non s’è ancora mossa.
Sta distesa a fissare da sola le vette degli alberi
ed è come in un letto e m’ingombra la barca.
Ora ha messo una mano nell’acqua e la lascia schiumare
e m’ingombra anche il fiume. Non posso guardarla
— sulla prua dove stende il suo corpo — che piega la testa
e mi fissa curiosa dal basso, muovendo la schiena.
Quando ho detto che venga più in centro, lasciando la prua,
mi ha risposto un sorriso vigliacco: «Mi vuole vicina?»

Altre volte, gocciarne di un tuffo fra i tronchi e le pietre,
continuavo a puntare nel sole, finch’ero ubriaco,
e approdando a quest’angolo, mi gettavo riverso,

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