< Pagina:Penombre.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
120 penombre

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Penombre.djvu{{padleft:122|3|0]]


Fammi ancor bello, fammi ancora buono,
  Come nei lieti dì che il cor sbucciava
  Dai primi versi;
  Toglili al buio ove sepolti sono,
  E un inno sol redimerà la ignava
  20Vita che persi!

Inno, inno santo, e varcherai l’oceano!
  L’amor che ti conduce
  Guida dritti gli augelli alle piramidi;
  24È amor di luce!

Vola allo scoglio ove l’Eterno innonda
  Di tempeste, di azzurri, e di visioni
  L’uom dell’esiglio;
  E nel nimbo fatal che lo circonda
  L’affetto immenso, e la pietà deponi
  30Di un altro figlio!

Sarà’ il canto di un cieco, e sarà l’obolo
  Di un mesto poverello;
  D’un che assetato vuol lasciare all’oasi
  34Il suo fardello;

Ma, come al cenno di un amante antico,
  L’uom dell’esiglio, il chèrubo, il profeta,
  Il patriarca,
  Si farà incontro al pellegrino amico;
  A lui che ignoto e trepido poeta
  40Orando sbarca.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.