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62 | penombre |
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Io sospirava: — tu porrai sovr’essa
Molte maschere ancor, ma è tempo perso:
La malizia dell’uomo è profetessa,
Passa attraverso! —
E il fruscìo delle morbide sottane
Volea beffarmi, cingendole il fianco;
E le corna mi fean con pieghe strane
Sul lato manco,
Da quella parte ov’è annicchiato il core!...
Poi le perle arrivâr, tremule faci,
A lambir mollemente il suo candore,
Come i miei baci.
Ed io gridai: — figlie del buio immenso,
Scordatevi i mister dell’oceano;
Ciò che davanti alla bellezza io penso
È assai più arcano! ―
Del lungo crin nel labirinto negro,
Che come spugna la luce riceve,
Comparve allora un improvviso e allegro
Spruzzo di neve.
Ed io le dissi un mio vecchio pensiero:
― Questa bianca camelia artificiale,
Prima d’essere un fior forse fu un cero
Di funerale.
O fantasìe dell’ammalato ingegno!
Penso, guardando il tuo largo mantello,
A quel dei morti gonnellin di legno
Fatto a pennello,