< Pagina:Penombre.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
64 | penombre |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Penombre.djvu{{padleft:66|3|0]]
E una testa di satiro sbucava,
Fuor dalle pieghe della mia cortina,
E dondolando e ghignando cantava75
Questa quartina:
— All’inferno, marito; al limbo, amante!
Vieni, fratello, a stringermi la mano:
Il publico è il padron di tutte quante,
È il gran Sultano! — 80
Ed io credetti che spuntasse il giorno;
E il suo fiato sentivo e la sua faccia,
E, come desto, cercandola intorno
Stendea le braccia....
Ma non stringea che un abito stupendo,85
Lacero e vuoto sulla coltre mia,
Come il nimbo che un angelo, cadendo,
Perde per via.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.