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84 | PENOMBRE |
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Ed io siedo a un gradino
Ove devoti innumeri han pregato,
Ove ginocchia che or son fango o fiori
Una traccia comune hanno lasciato;
50Siedo, e veggo sfilarmi
Davanti ad uno ad uno i pellegrini
Che sembrano additarmi
Fra loro, e dirsi: oh vedi un giovinetto
Che guarda il Cristo, e non si batte il petto!
55Poi ripigliano il volo
Colle rigide braccia al cielo alzate,
E i teschi aguzzi che nell’aria scura
Fingono un bosco di piante sfrondate;
Essi volano via,
60Ma, dai profondi tumuli del chiostro,
Cui più nessun non spia,
Escono, forse a bever raggi e venti,
Le melodìe dei postumi lamenti.
A bever venti e raggi,
65O ad inseguir nel nebuloso corso
Quei fantasmi nemici al giovinetto
Perchè non piega a un monastero il dorso;
Inseguirli, e cantare:
— Quando voi venivate a quel gradino,
70In ginocchio, a pregare
Pei vostri figli e per le vostre spose,
Noi morivam dietro le grate esose.
Oh frescura notturna!
A respirarla uscitene, fanciulle.
75Le morte son sepolte, e uscir non ponno;
Per le alcove nasceste e per le culle,