< Pagina:Pensieri e giudizi.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

PENSIERI E GIUDIZI 119

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Pensieri e giudizi.djvu{{padleft:137|3|0]]no neppur tentato in quarantaquattro anni, quel che hanno fatto tutti i popoli desiderosi di scuotere il giogo: una cosa semplicissima, la rivoluzione.

Solo a questo patto l’irredentismo avrà il diritto di esser preso sul serio.


XVI.


Discutere di legalità e di diritto costituzionale a proposito degli arbitri bestiali di un despota, mi pare bizantinismo o ingenuità bella e buona.

A Ferdinando Borbone, spergiuro di razza, che calpestando la costituzione da lui giurata tre mesi prima, disperse il Parlamento, i Napolitani risposero, come dovevano, con le barricate. Gladstone chiamò «negazione di Dio» il regno di Ferdinando II.

Lasciando stare il povero dio, che non c’entra per nulla, io credo che codesto impero mostruoso, che osa invocare la storia e il diritto per coonestare la sua perfidia, si possa addirittura chiamare la «negazione dell’umanità». E tutta l’umanità che palpita come un sol cuore, per la redenzione della Russia, si dovrebbe adoperare per cacciare dal mondo codesto carnefice, che, immerso fino alla gola nel sangue del suo popolo, invita con feroce ironia le potenze d’Europa alla conferenza dell’Aia.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.