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il bargnif all'opera 123

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Casa Puttini, simile nella sua piccola faccia signorile al piccolo vecchio padrone che la governava in abito nero e cravattone bianco, stava poco più giù della orgogliosa mole di casa Pasotti, sulla via di Albogasio Inferiore. Il falco vi andò dopo pranzo, verso le cinque, con una faccia maligna. Bussò all’uscio e stette in ascolto. C’era, c’era il ranocchio disgraziato; litigava, secondo il solito, con la perfida servente. Pasotti bussò più forte. «Verzì!» disse il signor Giacomo; ma la Marianna non voleva saperne di scendere ad aprire. «Verzì! Verzì! Son paron mi!» Tutto inutile. Pasotti bussò da capo, picchiò come una catapulta. «Chi xelo sto maledeto?» vociferò il Puttini; e venne giù soffiando «apff! apff!» ad aprire. «Oh, Controllore gentilissimo!» diss’egli, battendo le palpebre e alzando pateticamente le sopracciglia. «La perdona! Quela fatal servente! No go più testa! No ghe digo gnente cossa che nasse in sta casa.»

«L’è minga vera!» gridò la Marianna dall’alto.

«Tasì!» E qui il signor Giacomo incominciò a raccontare i suoi guai, rimbeccando a ogni tratto le proteste della serva invisibile.

«Stamatina, La s’immagina, vado a Lugan. Vegno a casa zirconzirca alle tre. Sula porta, La varda qua, ghe xe dele giozze. Tasì! - No ghe

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