Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
168 | parte ii - capitolo ii |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Piccolo Mondo Antico (Fogazzaro).djvu{{padleft:172|3|0]]destro sul sinistro e la bambina sul mucchio, le ripeteva per la centesima volta, con affettata lentezza, e storpiando un poco il nome esotico, la canzonetta:
Ombretta sdegnosa
Del Missipipì
Fino alla quarta parola la bambina lo ascoltava immobile, seria, con gli occhi fissi; ma quando veniva fuori il «Missipipì» scoppiava in un riso, sbatteva forte le gambucce e piantava le manine sulla bocca dello zio, il quale rideva anche lui di cuore e dopo un breve riposo ricominciava adagio adagio, nel tôno solito:
Ombretta sdegnosa...
La bambina non somigliava nè al padre nè alla madre, aveva gli occhi, i lineamenti fini della nonna Teresa. Al vecchio zio, che pure vedeva di rado, mostrava una tenerezza strana, impetuosa. Lo zio non le diceva paroline dolci, le faceva, occorrendo, qualche piccola riprensione, ma le portava sempre giocattoli, la conduceva spesso a passeggio, se la faceva saltar sulle ginocchia, rideva con lei, le diceva canzonette comiche, quella che cominciava col «Missipipì» e un’altra che finiva:
Rispose tosto Barucabà.
Chi era mai Barucabà? E cosa gli avevano domandato? «Toa Bà, toa Bà!» diceva Maria; «ancora