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180 | parte ii - capitolo ii |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Piccolo Mondo Antico (Fogazzaro).djvu{{padleft:184|3|0]]Dovè, chì? — Chì.» La voce tremante veniva di sotto la vacca. La donna era proprio lì, accoccolata. «Vegnì foeura, donca! — Sciora no. — Perchè? — Goo pagüra. — Vegnì foeura ch’el voss marì el vaeur fav on basin. — Mi no.» Allora Luisa aveva chiamato dentro l’uomo. «E vü andee a fagh on basin sott a la vacca.» E l’uomo aveva dato il bacio mentre la donna, temendo un morso, gemeva: «càgnem poeu minga, neh!»
«Che diàvol d’ona sciora Luisa!» fece don Giuseppe. E soddisfatto della scorpacciata di primiera, palpandosi dolcemente sui fianchi e sul ventre le modeste rotondità, il piccolo personaggio del mondo antico pensò al secondo scopo della sua visita. Voleva dire una parolina alla signora Luisa. L’ingegnere era uscito a far i suoi soliti quattro passi fino alla piccola salita del Tavorell ch’egli chiamava scherzosamente il San Bernardo; e Franco, data un’occhiata alla luna che sfavillava allora fuor dal ciglio nero del Bisgnago e giù nell’ondular dell’acqua, si pose a improvvisar sul piano effusioni di dolore ideale, che andavan via per le finestre aperte sulla sonorità profonda del lago. La improvvisazione musicale gli riusciva meglio delle elaborate poesie perchè il suo impetuoso sentire trovava nella musica una espressione più facile e piena, e gli scrupoli, le incertezze, le sfiducie che gli rendevano faticosissimo e lento il lavoro della parola, non tormentavano, al piano, la sua fantasia. Allora si abbandonava all’estro anima e corpo,