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320 | parte ii - capitolo viii |
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Lo zio era andato a letto per tempo e Luisa aspettava Franco nel salottino con Maria che teneva alzata perché suo padre potesse averla un poco l’ultima sera. La povera Ombretta Pipì aveva cominciato presto a infastidirsi, a far una boccuccia grossa, un visettino piagnoloso, a domandar con una vocina dolente: «quando viene, papà?». Ma ell’aveva una mamma unica al mondo per consolare gli afflitti. Ombrettina non teneva da un pezzo scarpettine sane e le scarpettine, anche in Valsolda, costavano denari. Pochi, sì; e quando ce n’è pochissimi? Ma ell’aveva una mamma unica al mondo per calzare gli scalzi. Proprio il giorno prima, Luisa, cercando in granaio un pezzo di corda, aveva trovato fra vecchie ciarpe, casse vuote e seggiole rotte, uno stivale di suo nonno. Lo aveva posto a rammollire nell’acqua, s’era fatta prestare trincetto, lesina e forbice. Prese ora il venerabile stivale che fece spavento a Ombretta e lo posò sulla tavola. «Adesso gli reciteremo l’orazione funebre», disse ella con quel brio voluto che neppure un’angustia mortale poteva toglierle, se le bisognava. «Prima, però, domanderai al tuo signor bisnonno il per-