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422 | parte ii - capitolo xi |
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Egli si rizzò in piedi, esclamò atterrito: «Come? Non c’è stata malattia?»
La persona che Franco aveva udito dormire, la Leu, entrò in quel momento per far suffumigi, vide Franco, rimase sbalordita. «Va», le disse Luisa «posa il fuoco lì fuori, mettici quel che vuoi e poi va in cucina, dormi, povera Leu.» Quella obbedì.
«Non c’è stata malattia?» ripeté Franco.
«Vieni» gli rispose sua moglie, «ti racconterò tutto.»
Lo fece sedere sulla dormeuse, a piè del letto matrimoniale. Egli la voleva accanto a sé. Ella gli fe’ segno di no, di non insistere, di tacere, d’aspettare, e sedette a terra presso la sua creatura, incominciò il racconto doloroso con voce piana, eguale, indifferente, quasi, al dramma che diceva, con una voce simile a quella della sorda Pasotti, che pareva venire da un mondo lontano. Prese le mosse dall’incontro con la Bianconi in Campò e disse, sempre con la stessa calma, tutti i pensieri, tutti i sentimenti che l’avevan portata ad affrontare la nonna, disse i fatti sino al momento in cui s’era convinta che Maria non aveva più vita. Quand’ebbe finito s’inginocchiò a baciar la sua morta e le sussurrò: «Il tuo papà ha in mente che t’ho uccisa io, adesso, ma non è vero, sai, no, non è vero».
Egli si alzò, tutto vibrante di una commozione senza nome, si chinò sopra di lei, la raccolse da