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510 parte iii - capitolo ii

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Luisa che gli era seduta accanto, si alzò di botto, fremente, e andò a guardar fuori dal finestrino in faccia, voltando le spalle allo zio. Questi non capì affatto, credette a un senso d’imbarazzo e si addormentò nel suo angolo. Il battello tocca Intra. Adesso prima dell’Isola non c’è che Pallanza. Il battello rade la costa; Luisa guarda dal finestrino ovale passar le rive, le case, gli alberi. Come si corre, come si corre!

Pallanza. Il battello resta fermo cinque minuti.

Luisa sale sul ponte, domanda quando si arriverà all’Isola Bella. Il battello non toccherà Suna nè Baveno. Sarà un viaggio di pochi minuti. E il battello di Arona, quando arriva? Pare che sia in ritardo. Ella scende e sveglia lo zio che sale sul ponte con lei. L’ultimo tratto del viaggio è fatto in silenzio; lo zio sta a guardar Pallanza che s'allontana e Luisa ha fissi gli occhi sull’Isola che si avanza, non vede altro.

Il battello giunse all’approdo dell’Isola Bella alle tre e quaranta minuti. Nessun indizio del battello di Arona. Un inserviente disse a Luisa che quel battello era sempre in ritardo per colpa del treno di Novara che non aveva quasi più regola, causa i movimenti militari. Nessuno discese all’Isola, nessuno era sulla riva tranne l’uomo addetto allo sbarco. Partito il battello, accompagnò egli stesso i due viaggiatori all’albergo del Delfino. Era un caso, diss’egli, che trovassero il Delfino aperto a quella stagione. Ci svernava una grossa

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