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184 capitolo terzo.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Piccolo Mondo Moderno (Fogazzaro).djvu{{padleft:206|3|0]]niente, niente!„ si mise a gridare buffonescamente lo sfrontato uomo. “Dirò come il mio barcaiuolo — de Venessia — quando gli domando se vuol piovere: — gnente, gnente! La montagna vorave ma el mar no la intende!„. E tutta la brigata passò ridendo nella sala d’Ifigenia.

Al suono del clavecin e del violoncello il giardiniere Çeóla, l’ortolano, sua moglie, un paio di braccianti erano sbucati all’aperto presso che in camicia. Si era quindi aggiunto al gruppo, sotto le finestre di Calipso, uno straccione in tuba, un vecchio mattoide nottambulo, che tutti chiamavano el sior Piereto Pignolo.

“Ciò, ti, colo storto„, disse il giardiniere all’ortolano, finita la gavotta di Bach, “ti che te frui i banchi de le ciese e che te ghe credi a l’inferno, sti siori che gode el bon tempo tuto el dì e tuta la note, disito che i ghe vada o che no i ghe vada, a l’inferno?„

“Va là, mato! Cossa vètu a tirar fora?„ rispose l’ortolano, e sua moglie soggiunse: “Lassèlo stare el me omo che l’è un bon omo. Vardè de no andarghe vu, a l’inferno„.

“Mi? Ghe andaria volentiera, vardè vu, per vederli andar a rosto lori. I fa compagno de le mosche, sti maledeti, che co xe qua novembre, le fa

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