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326 | capitolo quinto. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Piccolo Mondo Moderno (Fogazzaro).djvu{{padleft:348|3|0]]bile guazzabuglio che ne luceva davanti all’ingresso della villa, corsero via velocemente lungo il muro di cinta, scomparvero nelle tenebre. Un altro lungo rombo di tuono empì le ombre del giardino, entrò per le finestre aperte nelle sale della villa come la voce formidabile di un minaccioso Padrone che dalla sua nera tenda di nuvole chiedesse conto alle vanità umane, alle cose spaurite e mute, di averlo dimenticato. Le finestre furono chiuse, gli ultimi passi e le ultime voci dei servi tacquero. Appoggiata al balcone della sua camera da letto, Jeanne, stanca e insonne, ascoltò inconscia i fremiti delle frondi inquiete nel basso, guardando il continuo lampeggiar silenzioso sul ciglio nero dei colli, simile a un continuo febbrile chiudersi e aprirsi di un grande occhio di fuoco nel cielo. Assaporava la solitudine libera, il dolce alleviamento di un incomportabile peso di simulazione. Se Maironi fosse stato presente ella non avrebbe sentito che il piacere di venire ammirata davanti a lui per la sua bellezza, per l’eleganza, per lo splendore dell’ospitalità. Tutto gli avrebbe offerto, nella sua mente, questo tributo di omaggi altrui! Anche a lui assente avrebbe potuto offrirli con gioia, senza la lettera dolorosa. Così, quelle lunghe ore non le avevano dato che fatica e tedio. Mai la gente non le era parsa tanto sciocca e falsa, mai non si era