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“Non lo so„, rispose. E si vide nel paese mistico, nella conscia casa, sulla terrazza dello zio Piero e di Ombretta, cinto di solitudine, di silenzio insieme a sua moglie stupefatta, come uscita da un sogno. Per un istante; il sogno, adesso, era la guarigione di Elisa. La marchesa mise finalmente fuori la segreta sua idea: non potrebbe il genero recarsi in Valsolda, disporvi la casa per un soggiorno anche invernale? Ella, che non aveva mai veduta la Valsolda, si pose a discorrere come se l’avesse familiare, mettendo assieme brandelli di cose udite e rimastele malconcie nella memoria, confondendo la casa di Oria con la casa di Cressogno, il lago di Lugano con quello di Como, l’Italia con la Svizzera, ma tirando via impavida a scovar tutte le perfezioni di quel paese per la congiuntura presente, se le speranze si avverassero; a trovarvi ogni possibile accordo con i gusti della sua figliuola, che in fatto ne aveva riportato una impressione molto sfavorevole. Chiuse gli arruffati ragionamenti con pregare il genero di allestire una camera in Valsolda anche per lei, ma non verso il lago perchè a Venezia — ella disse così — il tremolìo dell’acqua le faceva venire il capogiro. Il genero, durante un discorso tanto fantastico, era venuto pensando altra cosa; e invece di rispondere alla povera vecchia signora, la interrogò:

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