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358 | capitolo sesto. |
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Era una commovente lettera e aveva in sè dolcezza di conforto che lo scrittore non aveva sospettate. Non era Piero già disposto ad allontanarsi da Jeanne? Non era egli anche avviato a compiere un grande atto di giustizia, il sacrificio di quella ricchezza che suo padre e sua madre non avevano toccata, e non era questo pure un atto di figlio degno, non era un messaggio di gioia da portare alle due anime ascose in Dio? Vero, a suo padre ciò non sarebbe bastato. Forse neppure a sua madre. E neanche poteva bastare a quel venerando don Giuseppe. Ma! Ah s’egli non avesse conosciuto altri cattolici! Se non fosse vissuto, da bambino in poi, nel contatto di tanta meschinità cattolica, intellettuale e morale! Come non pensare che suo padre, don Giuseppe Flores e qualche altro cuore alto, qualche altro intelletto forte, se la Chiesa cattolica ne possedeva, non si potevano propriamente dire cattolici, che la loro era un’altra religione, una religione superiore al comune gretto cattolicismo, pauroso della ragione, schiavo in tutto dell’autorità dispotica deificata, tanto aspro a chi ne sta fuori, tanto impastoiato negl’interessi terreni, antiquato nello spirito come nel linguaggio! Egli aveva una volta discorso di religione, a villa Diedo, con un certo scrittore francese, di grande ingegno, che si professava cattolico e