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nel monastero. 51

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“Sì. Bisogno di Lei. Son venuto da Lei come da un padre, ma da un padre ch’è sacerdote„.

Don Giuseppe gli riprese la mano, gliela strinse ancora, senza parole.

“Non si meravigli di nulla, sa! Pensi ch’io sia il penitente e Lei il confessore. Prima di tutto Le domando questo: secondo le leggi della Chiesa, è mai possibile, in nessun caso, che un uomo coniugato, il quale ha la moglie viva ma demente da più anni proprio affatto e senza speranza, ottenga il permesso di entrare in una corporazione religiosa?„

“Eh, no„.

Maironi tacque.

“Può ritirarsi dal mondo„, s’affrettò a dire don Giuseppe, “può vivere con Dio nella solitudine, comporsi lui una regola, santificarsi„.

La fronte solenne, gli occhi gravi, la voce dolce e bassa spiravano ossequio al gran dolore, alla gran fede che apparivano congiunti nel desiderio del giovane.

Maironi rispose sotto voce: “Questo non è possibile„.

Nel silenzio che seguì lampeggiò in mente a don Giuseppe una parola dimenticata di donna Luisa Maironi Rigey, la madre di Piero. Salivano insieme, i Maironi, i Pasotti e lui a piedi, il signor Giacomo

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