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Là, col capo immerso nel vasto silenzio malinconico della notte punto qua e là e vibrante da stridi rapidi di pipistrelli invisibili, con le pugna ancora serrate, Rocco gemette, esasperato:

— Che debbo fare? che debbo fare?

— Scendi giù dall’Inglese, — insinuò piano e quieto Niccolino, che se ne stava ancor presso la tavola, con gli occhi fissi su la tovaglia.

Rocco trasalì alla voce, e si voltò, stordito da quel consiglio e dal vedere il fratello ancora lì, impassibile, sotto la lampada.

— Da Bill? — gli domandò, accigliato. — E perchè?

— Io, nel tuo caso, farei un duello, — disse con aria semplice e convinta Niccolino, raccogliendo nel cavo della mano tutte le pallottoline arrotondate e andando a buttarle dalla finestra.

— Un duello? — ripetè Rocco, e stette un poco a pensare, impuntato; poi proruppe: — Ma sì, ma sì, ma sì, dici bene! Come non ci avevo pensato? Sicuro, il duello!

Dalla chiesa vicina giunsero i rintocchi lenti della mezzanotte.

— Mezzanotte?

— L’Inglese sarà sveglio....

Rocco raccolse il cappello ammaccato dal pavimento.

— Ci vado!

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