< Pagina:Poesie (Carducci).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Poesie (Carducci).djvu{{padleft:713|3|0]]


NOTE





LXVIII, p. 667. verso ultimo. Chi non ricorda nell’atto III delle Femmes Savantes di G. B. Molière l’elegante Trissottin e il suo amico-inimico Vadius, due ritratti immortali dei letterati di consorteria e di cricca, e i loro amebei panegirici? Nei quali par di ascoltare e rileggere le lezioni, le recensioni, gli articoli, le citazioni o dedicatorie dei nostri professori, filosofi, storici, romanzieri, critici, rimatori e appendicisti officiali, grandi uomini tutti, come tutti sanno.

LXX, p. 671. Questo principio è imitato dal principio del xxxvii dei Petits poëmes en prose, intitolato Les bienfaits de la Lune di Carlo Baudelaire che incomincia cosí: “La lune, qui est le caprice même, regarda par la fenêtre pendant que tu dormais dans ton berceau, et se dit: — Cette enfant me plait„. Solo il principio: il resto va a conto mio.

LXXII, p. 676. A illustrare, come si dice e forse qui è proprio, questi versi, ecco il tratto d’un libro di Leopoldo Barboni, intit. Giosué Carducci e la Maremma (Livorno, Giusti, 1885), del qual libro vorrei dir bene se l’autore non dicesse

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.