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AL CONTE ALFONSO BONFIOLI MALVEZZI,
NEL SUO PRENDERE IL GONFALONE DI GIUSTIZIA DELLA CITTÀ DI BOLOGNA.
O se di ghiaccio ingombra
i fianchi a l’alpe Euro ostinato e freme,
o che Sirio le biade arda e gli armenti,
sovente un foco istesso, un’ istess’ ombra
5per amistá conformi ambo ci accoglie
a ragionar filosofando insieme.
Ne la profonda notte,
che r ignoto sentiero
tutto di sé ricopre, ai passi incerti
10umanitate è guida, obbietto il vero;
mentre giaccion da lato,
nel loro error per lunga etá felici,
lo stagirita e Plato.
Quante volte nel cielo,
15di nubi al diradar, lontano apparve
veritá lampeggiando in vive forme!
Ella appressava: ahi! che al toccar del velo
che l’avvolgea si dileguò dagli occhi,
e la destra per lei tendean le larve.
20Oh meraviglia e scorta
d’attoniti nipoti,
padre Neutono, indagator severo
di certe leggi e di sistemi immoti!
Prezzo del suo coraggio,
25in lui l’eterno geometra stese
de la sua luce un raggio.
E tu da l’auree carte,
che il chiaro anglo vergò, raccogli un frutto
vietato ai piú che ’1 cieco vulgo onora.
30Te sovr’esse vid’io da poca parte