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CANZONE II.

Gentil Fillide bella,

sempre ver’ me tu sei

acerba piú dell’immaturo agresto;

d’amor sempre rubella,
5sprezzi gli affetti miei:

e pur d’amarti, Filli mia, non resto.

Da quella valle in questo

poggio pur or t’ho scòrta,

e tosto, in abbandono
10lasciando il gregge, io sono

a te venuto per la via piú corta;

ma, lasso! ove smarrita

mi sei, dolce mia vita?

Sol le bell’orme io scorgo
15da quel bel piede impresse,

ch’io vorrei che in fuggir fosse piú lento.

Ma ben. Filli, io m’accorgo

che in queste folte e spesse

macchie t’ascondi a maggior mio tormento.
20Qui dolcemente io sento,

piú dell’usato assai,

la frese ’aura gioconda

garrir tra fronda e fronda;

qui son l’erbe piú verdi, i fior piú gai,
25ed è qui pur men fosco

l’opaco orror del bosco.

Fillide mia, da questi
segni ben veggio espresso

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