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30Pur delle tue bellezze,

se dritto le risguardi,

cotanto, o Filli, a insuperbir non hai.

Fillide mia, ben sai

che, asperse di rugiada,
35apparir vaghe e belle

soglion le rose anch’elle;

ma languiscono poi, quando il sol cade:

e in breve ora puranche

fia ch’ogni tua beltá languisca e manche.

40Solo, degli anni a scorno,

eterna primavera

con eterna beltá godon gli dèi.

Viso ha del tuo piú adorno

la diva di Citerá;
45e pur tu d’essa piú superba sei:

ch’io sento dir di lei

ch’esser degnò consorte

di un certo antico fabro

fuligginoso e scabro,
50che ha curvo il dorso ed ha le gambe torte,

e in ciel non giá, ma in ciechi

alberga di Sicilia orridi spechi.

Io non son poi deforme,

onde a schifar tu m’abbia:
55sol per amor mi scarno e mi disfaccio.

Alle lanose torme

nuoce il lupo e la scabbia;

nuoce agli augei la rete, il visco e il laccio;

nemico è a’ fiori il ghiaccio
60e il troppo ardor del sole;

le piogge son nimiche

alle mature spiche;

alle tenere viti le gragnuole: ♦

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