< Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

30Sol mi rimembra parte

di quel d’Arianna, e invano

pensato io v’ho per rammentarmi il resto.

Troppo mi par funesto

quello di Tisbe, allora
35che al caro amante appresso

mori sul ferro istesso;

e quel di Dafne l’ho cantato ancora.

Cantar le voglio quello

delle tre dèe, che piú d’ogni altro è bello.

40Una gran lite accesa

un giorno infra di loro

avean Pallade e Giuno e Cíterea.

Cagion della contesa

fu certo pomo d’oro,
45che dato alla piú bella esser dovea.

Ognuna sei volea:

ma in riva allo Scamandro

allor Giove mandolle,

e giudice ne volle
50un pastorel che avea nome Alessandro.

Di cosi grandi onori

erano in quell’etá degni i pastori!

Qualora il giovanetto

vide l’alte sembianze,
55l’alma gli s’ingombrò di meraviglia.

Or questo e or quell’aspetto

crede che gli altri avanze,

e spesso in suo pensier si riconsiglia;

che in qual d’esse le ciglia
60a guardar ferme ei tegna,

mirabile vi trova

beltá celeste e nova,

tal che ognuna gli par di vincer degna:

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.