< Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

30né ape giá t’ offese,

misero; ed in qual guisa

a ferirti ella il cor giugner potria?

Come trovò la via

di penetrarti in seno,
35pazzarello che sei?

— Ciò dirvi io non saprei,

— risposi allora; — ma il mortai veleno
so ben che al cor mi è corso.
Pastori, oimè, porgetemi soccorso! —

40Quindi pietoso il guardo

in me Filonda affisse,
e con la mano vezzeggiommi il mento.
Ei, che ben sa com’ardo;

— O pastorel — mi disse, —

45gli è forse Amore che ti dá tormento? —

Ed io: — Lasso! pur sento

che un non so che mi pugne,

anzi mi sbrana il core;

e, s’egli è questo. Amore,
50oimè, pastori, ch’egH ha i denti e l’ugne

siccome tigre ed orso.

Pastori, oimè, porgetemi soccorso! —

Allor cercaron essi

d’alleviar mia pena
55con quell’arti onde Amor s’appaga o cede:

chi volea ch’io m’ugnessi

col succo di verbena,

per cui puossi ottener quanto si chiede;

chi consiglio mi diede
60di far arditamente

un salto in mar da certa

sponda scoscesa ed erta,

il di cui nome fuor mi usci di mente;

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.