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e chi pure sanarmi
65volea con segni e con magici carmi.

Ma intanto d’esser giunto
pareami sui funesti
ultimi della vita egri respiri:
se non che tu in quel punto,
70Fillide mia, giugnesti,

e intenerir ti vidi ai miei martiri.
Con ardenti sospiri:

— Caro pastorel mio

— dicevi, — or non piú altera
75son verso te com’era:

caro, deh, non morir, ch’io t’amo anch’io.
E quivi (oh morta fosse!)

mi chiamò la matrigna e mi riscosse.

Fillide bella, e quando
80fia che pietá ti prenda

di me, che son vicino ad esser morto?

Sará mai ch’io vegghiando

quelle parole intenda,

che diérmi in sogno un si dolce conforto?
85Speranza io ben ne porto;

che un giorno quell’uom greco,

che avea si chiaro ingegno,

e cantava lo sdegno

di non so quale Achille, ed era cieco;
90quel mi dicea che move

pur anche il sogno dal voler di Giove.

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