< Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

25Non a profano ufficio

la tua pietade invoco.

Qual colpa è a casta vergine

arder d’onesto foco?

Casta fu Cintia, e un semplice
30pastor del Latmo amò.

Me pur d’agi e di gloria

non fér grandi avi erede;

ma schietto cor, ma candidi

costumi e intatta fede,
35me altier fa un dio che m’agita,

che al canto mi educò.

Forse sei vide e struggesi

al nostro foco anch’ella;

forse, in suo cor dolendosi
40de l’indiscreta ancella,

benché invocar non osila,

brama la tua pietá.

Aprimi dunque e scorgimi,

Cipassi, a lei davanti.
45Tutto è quiete: arridono

l’ombre care agli amanti.

Giá fra quest’ombre tacite

sicuro Amor mi fa.

Tempo fu giá, che subito
50timor scendeami al core,

se me dovea commettere

solo al notturno orrore:

un mover d’aura, un sibilo

era un terror per me.
55Rise maligna Venere

a’ miei timori, e disse:

— Ama e vedrotti intrepido

ne le notturne risse;

ama, e fra dubbie tenebre
60moverai franco il pie. —

Poett minori del Settecento - 11. 15

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.