< Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

V

LA VENDETTA.

Ch’io piú resista e rendami
d’onta a me stesso oggetto?
Non lo sperar: degenera
tutto in furor l’affetto.

5Pietosi alfin s’arresero

i cieli al mio lamento.
Trema: d’un dio che m’agita
opra è il furor ch’io sento.

Sempre un sofferto oltraggio
10a novi oltraggi alletta:

vuoisi a la colpa un termine,
ma non a la vendetta.

Inusitate, orribili
fúr le tue insidie e frodi:
15inusitati, orríbili

fían del mio sdegno i modi.

No, non temer ch’io vindice
commetta in te la mano:
i colpi miei non cercano
20l’ignudo sen profano.

Te (chi noi sa?) lusingano
pregi d’intatta fama.
Godi, fedel Penelope,
godi: giusta è la brama.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.