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Non a l’orror di barbari imenei,
50saggia Buonvisi, il tuo fedel t’invita:

ma, timida e smarrita,
perché a pena dischiudi i lumi bei?
Perché mai dunque è al palpitar costretto
sotto i veli importuni il colmo petto?

55Forse di me paventi? Il so: talvolta

rigida troppo io non diei modo a l’ire.
Ma al mio soverchio ardire
piú Grecia non applaude insiem raccolta:
cangiáro i tempi ; anch’ io cangiai favella.

60Pon’ segno al tuo timor, non son piú quella.

Piú non son quella che l’invidia armata
al giusto arrechi non mertato oltraggio;
ben ducimi ancor che al saggio
Socrate, mia mercede, Atene ingrata
65fosse di propria man porger veduta

la coppa infame per feral cicuta.

Sorgi dunque: a che stai? Le ardenti braccia
t’invitano del cupido marito:
al fortunato invito
70s’arrenda il tuo pudor. Qual piú ti piaccia,

mi dirai poscia a la novella aurora,
il nome di fanciulla o quel di nuora.

Oh ! l’ingenuo pudor ch’orna il tuo viso,
perché raro ai di nostri, oh, come piace!
75tropp’è che Italia audace

da le cittadi il confinò deríso,

fra valli abbandonato o selve ignote,

d’agresti spose a colorir le gote.

Poeti mtnort del Settecento - 11. l?

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