< Pagina:Poeti minori del Settecento II.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

115Oh! quante volte il suo destin malnato

io maledir la intesi;

e de’ suoi di mal spesi

pianger, ma inutilmente, il corso usato;

e invidiando dir: — Quant’è mai bella
120ignobil vita in solitaria cella! —

Tu in duro letto i brevi tuoi riposi
doni a le membra, è vero;
ma inquieto pensiero

non turba il sonno: ed essa in Un pomposi,
125giá da belgica mano a lei filati,

guida eterne vigilie e sonni ingrati.

Tu, quando il nembo furibondo mena
pioggia e grandine oscura,
povera, ma sicura,
130per l’agitato ciel scorgi serena,

mentre a’ rei sol di téma oggetti sono
l’orrore dei lampi ed il fragor del tuono.

Compia stabil pietá dunque i tuoi voti:
che in solitario speco
135altri piacer fian teco,

non caduchi piacer, piacer che ignoti
son tra i cupi recessi e l’ozio impuro
d’Aristippo ai seguaci e d’Epicuro.

Che se pur entro a le solinghe mura,
140dove abitar ti piace,

la tua secreta pace
può turbar per brev’ora umana cura,
e se lecito è pur che nel tuo petto
qualche luogo abbia ancor terreno affetto;

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.