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Péra. chi, al sacro dritto
di Temide custode, o avara voglia
25o superbia o timore alberga in petto.
Imperturbato, invitto,
alto cor nulla teme, e si dispoglia,
quando favella il ver, d’ogni altro affetto.
Me non Tistesso tetto
30coprirá certo e il vil, che sua ventura
fa de l’altrui sciagura:
seco Tonta soggiorni. Infame è al paro
di Spartaco rapace un Verre avaro.
Nome per me piú grande
35di quel che suoni e Mecenate e Burro,
nome de’ saggi amor, Valotti egregio,
odi come si spande
in lieti «viva» e in trionfai susurro
vaga lode che abbella ogni tuo pregio.
40Tu non averla a spregio,
tu la raccogli con serene ciglia.
Quando d’amore è figlia,
quando labbro sincero offrirla gode,
anche al saggio esser dee cara la lode.
45Dolce il mirar, lá dove
con la Turrita il Serchio i flutti mesce,
di tue sembianze altier marmoreo busto !
Per te le antiche prove
risorser di virtú; risorge e cresce
50per te l’imago de l’onor vetusto.
Anche Aristide il giusto,
anche Socrate un di votivi marmi
ebbero e onor di carmi.
Grande il tuo nome; ma bastar non puote
55al desiderio de l’etá remote.