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XXVII

LA POSTERITÀ.

Idolo degli eroi, terror degli empi,
spesso delusa in tanti bronzi e marmi,
Posteritá, se a te ne’ tardi tempi

giungon miei carmi,

5odili; né temer che de’ nepoti

tradisca il voto, o falso a te ragioni,
che a me de’ ricchi e de’ potenti ignoti
furono i doni.

Unico forse de le ascree sorelle
10infra i seguaci, io libero, io ne’ gravi

modi d’Alceo, franco tonai fra imbelle
popol di schiavi :

e, mentre offrir godean plebei cantori
ai coronati vizi aonio serto,
15io le neglette osai cinger di fiori

are del merto.

Ahi, qual etá ! qual Pindo! Ov’è chi accenso
vanti fra noi di patrio zelo il seno?
chi un Omero oggi imita o chi l’immenso
20lume d’Ismeno?

Che se, tra il crocidar d’immondi augei,
qualche emerge talor voce sublime,
quale obietto, qual segno, a di si rei,
scelgon sue rime?

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