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Questo bosco e quest’ara a te consacro,
santa madre d’Amor, Venere bella:
ecco intorno al pietoso simulacro
Tamaraco, la persa e la mortella;

ecco il sai puro, ecco il lustrai lavacro,
la candida odorifera facella,
e il coltel che, compiuto il rito sacro,
la bianca sveni ed innocente agnella.

Or cinta il crine dell’ idalie rose,
vieni, e del nume tuo spargi l’altare,
bella unitrice delle belle cose;

che coppia non vedrai d’alme piú chiare,
se non riede il garzon che in duol ti pose,
se non torni tu stessa a uscir del mare.

Ili

Cinge il ceruleo manto, il capo infiora,
riveste il breve pie, vela le ciglia
Licori; e il piede e il velo a lei colora
la diletta a Giunon vaga giunchiglia:

e al tempio della dea cui Giove onora,
pensosa e taciturna il cammin piglia,
e ovunque move, la ridente Aurora
ch’esca dal balzo orientai, somiglia:

al sacro limitar ferma le piante,
e il pio ministro, che per man la prende,
la riconforta e guida all’ara avante.

Lá le supplici palme al cielo tende,
e mostra agli atti e alle parole sante,
che di lá solo ogni soccorso attende.

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