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XVI

ALL’AMICA ABBANDONATA.

Me non tuffò nel Tanai
braccio di madre scita,
e non di Scilla inospita
il fianco a me die’ vita.

5Non io, crudel spettacolo

al fondator di Tebe,
nacqui a fraterno esizio
dalle incantate glebe.

Ed anco a noi pieghevole
10il cielo anima diede:

non l’è pietate incognita,
non cortesia, non fede.

Il giuro: al cor mi scesero
le tue dolenti note;
15io sospirai: di lagrime

(vuoi piú?) bagnai le gote.

Piansi, e ’1 furor che t’agita,
che a lamentar ti mosse,
quasi improvviso fulmine,
20la vinta alma percosse.

Ma deh! pei di men torbidi,
ch’or richiamar non lice,
per me, per te medesima,
pon’ fine all’ira ultrice.

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