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95ne* tristi regni della gente morta.

Allo splendor dell’auro,

lei l’avaro nocchier pronto raccolse

e varcò la palude.

Latra Cerbero invano,
loo le gole il cibo, e gli occhi il sonno chiude.

Ella passa, e il soggiorno

tenta di Pluto, e il fatai dono chiede:

ricusa i cibi, e al giorno

da Proserpina riede.

105Deh qual ti mosse femminil disegno,

Psiche, ad aprir la chiusa urna fatale?

Lá dell’ira immortale

era il piú orribil pegno.

Ed ecco un vapor nero
no ascia, la cara a te luce togliendo,

e rendea l’alma al mal lasciato impero.

Ma vide Amor dall’alto,

vide e pietate il prese:

senti l’antica fiamma,
115ed obliò le offese,

e a piú beata sorte

la conservò da morte.

E volgea ratto al sommo Olimpo l’ali,
e innanzi al re che i maggior dii governa

120narrò di Psiche e di se stesso i mali,

e chiedea modo a tanta ira materna.
Impietosiva il gran Tonante: e Imene,
siccome piacque a Citerea placata,
oblio versò sulle fraterne pene;

125e l’ambrosia celeste Ebe, ministra

dolce, a Psiche porgea.
Ella bevve e fu dea.

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