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facezie 53

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Poggio Bracciolini - Facezie, Carabba, 1912.djvu{{padleft:65|3|0]]“Tu scherzi,” disse la donna, “ma entra in casa e parleremo del prezzo.” E entrato, rimanendo egli nello stesso avviso, la donna acconsentì. Ma dopo, poichè essa eragli stata di sopra, quando volle l’oca, egli la negò: “perchè, e’ diceva, non foste voi che vi lasciaste fare, bensì voi che faceste.” E così rinnovando la pugna, il giovane si giovò perfettamente della cosa. E la donna, com’erano convenuti, tornò a chiedergli l’oca e il giovane ricusò, dicendo che ora erano entrambi in pari condizione, e questa volta non s’era essa guadagnata l’oca, ma avealo risarcito dell’affronto che gli aveva fatto; poichè la prima volta era stato di sotto. E la contesa durava già a lungo, quando sopraggiunse il marito, che chiese la ragion dell’alterco. “Io, disse la moglie, volevo prepararti lautissima cena se questo maledett’uomo non l’impedisse. Aveva egli convenuto di darmi l’oca per venti soldi; poi, quando fu dentro me ne chiese due di più.” “Eh! disse il marito, sarà per così poco turbata la nostra cena! prenditi, ecco i ventidue soldi!” Così il villano ebbe il denaro e la donna.


LXIX

Di un avaro che bebbe il piscio.

Uno de’ nostri colleghi della Curia, notissimo avaro, veniva, mentre i servi mangiavano, a bere il loro vino, per vedere se fosse abbastanza annacquato; e diceva di far ciò per vigilare che essi avessero sempre buon vino. Se ne accorsero alcuni e concertarono di mettere in tavola del piscio fresco in luogo del vino, in quell’ora nella quale aspettavano la sua venuta. Venne egli come di consueto, e bebbe il piscio, e se ne andò sputando e vomitando, facendo gran rumore e uscendo in molte minacce contro chi gli aveva giocato quel tiro. E i servi finirono la cena fra le risa, e chi aveva immaginato lo scherzo me lo raccontò poi, che rideva ancora.

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