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di angelo poliziano 129

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E di Venere imbelle infra gli Dei,
E di te, Febo, che al tridente l’arco
Sommetti, e di te, vergine Dïana,
Che, vuota la faretra e timorosa,
Abbandoni oramai gli accampamenti.615
Né se l’avido mio labbro attingesse
Ai fonti stessi de’ castalî fiumi,
Ovver bevesse di Pirene l’onda,
O le pimplèe correnti, osar potrebbe
Cantando pareggiar l’insazïato620
Ettòr di sangue e il furibondo Achille;
Ettore per la patria e i dolci lari
Ardito all’oste contrastante, solo:
Quale colúbro, che, pasciuto d’erbe
Funeste, con malvagio animo attende625
Il mandrïan che tra le brume giunge,
E di fiel gonfio ed infiammato guarda
Vago di stragi intorno, orribilmente




Imbellemque deum Venerem, et te Phoebe tridenti
Submittentem arcus, et te latonia virgo385
Jam pavidam ac vacua liquentem castra pharetra.
Nec si castalios ipsis a fontibns amnes
Hauriat os avidum, nec si pirenida lympham
Pimplaeosque bibat latices, aequare canendo
Hectora sanguineum violentumque ausit Achillem:390
Hectora pro patria charisque penatibus unum
Stantem animis contra, qualis draco pastus amaros
Per brumam succos venientem expectat iniquus
Pastorem, et tumido furiatus felle cruentum
Spectat, hians immane, cavoque advolvitur ingens;395



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