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104 | l’amor coniugale |
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Pianga il deserto campo e pianga il giardino deserto,
della deserta villa lei piangano i tetti e i sentieri:
ma piangi tu tra i primi, o vano lavor, della marra
e delle biade, o campi, privati e del frutto annovale:
sterile fu la fatica dei buoi se non v’è la sementa.40
Squallidi sono i prati, i salici son senza chioma,
piangono i campi la morta Ariadna, le selve al suo nome
echeggiano e le valli gemendo ripetonlo in coro:
l’eco alle rupi sonanti la morta Arïadna ripete,
dicono i colli Ariadna, Ariadna conclamano i fiumi.45
Ed ululi e lamenti in coro rispondano, il pianto
dalla sua bocca effonda il mesto usignolo, ed insieme
sospirino stormendo, Ariadna, Ariadna le fronde.
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Essa col lieve fuso eguale traeva lo stame,
i tenui volgendo col celere pollice fili;50
essa studiosamente formava i gomitoli tondi
che riponea ben scelti nel bianco vimineo paniere,
onde col pettine fine le ben collocate sue tele
ordiva al caro sposo e ai figli durevoli vesti,
ed abito elegante per sé con il candido scialle55
quando in città portasse le rose e le fresche verdure,
o della primavera i fiori recasse agli altari.
Pianto e dolore! quella che i licci moveva e alla tela
tesa negli orli i fili traeva coll’agile spola,
or signoreggia la Parca crudele con mano ferale60
troncando il duro filo, scegliendo dal crine il capello
purpureo,[1] e intorno al capo nell’ombra volandole oscura.
- ↑ Si allude al capello rosso del re Niso, dal quale dipendeva la sua vita, tagliato poi dalla figlia Scilla.