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LIBRO I


I

AD ELEGIA[1]


Vieni e il tuo fulgido crine d’un ramo di mirto contorna,
vieni: le chiome adorna, o elegia, divine,

e che di nuova splenda bellezza il tuo corpo concedi:
fino ai tuoi nivei piedi lenta una veste scenda.4

Vaga di molli baleni la perla del mare eritreo
splenda, lucente neo, fra i tuoi piccoli seni.

Rida sul collo tornito, sugli omeri un aureo decoro:
ama i monili d’oro il serico vestito.8

Stringa una fibbia d’oro la veste sui seni raccolti,
sporgano dai risvolti lucide frange d’oro.

L’arabo nardo spiri fragrante mollissima un’onda,
dove tu vada effonda scie di profumi assiri.12

Vengano ancor le care tue vergini Grazie, cui giova
danze con arte nova volgere ed intrecciare.


  1. Di cui il P. fa una ninfa innamorata del dio Clitumno. La poesia è del 1462, anno del suo matrimonio con Adriana, o di poco anteriore.

11

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