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14 l’amor coniugale

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Quivi cantò: le corde col plettro d’avorio percosse
e la seguace mosse voce col suon concorde.56

“Deh![1] non voler la ricchezza al verso anteporre beato,
né con un vil mercato vender la tua bellezza!

non loderei per nulla se per la volgare moneta
abbandoni un poeta una cólta fanciulla.60

Dono è d’un dio la bellezza, né può cambiarsi con oro,
del terreno lavoro è l’avida ricchezza.

Bella, raffrena il desio: la bianca vecchiaia veloce
temi, la diè precoce agli affannati Iddio.64

L’oro è delitto e vergogna davanti alla dolce poesia:
fida, o fanciulla mia, in ciò che il cuore sogna.

Odia anche il lusso: mille le lunghe tue noie nei cuori,
per i vagheggiatori, d’odio saran scintille.68

Mentre sprezzante Cermena[2] e sorda di Glauco al desio
fugge l’amante Dio di sua bellezza altera,

irrigidíano le care sue membra ed in sassi mutate
battonle l’onde irate del tempestoso mare,72

scoglio malfido restando pur oggi: le navi natie
a piú sicure vie le vele allontanando.


  1. Elegia dètta al P. i versi per Ariadna, come se Ariadna stessa fosse a lei presente.
  2. Perché Scilla sia qui detta Cermena non m’è riuscito sapere. La favola cui qui si accenna, è narrata da Ovidio e da altri in vario modo. Il P. l’adatta, come al solito, al caso suo.
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