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LIBRO III
I
CELEBRA I PELIGNI E I CAMPI DI SULMONA
Delle fanciulle aonie[1] son queste le care sorgenti,
questi i nativi luoghi son del peligno veglio?[2]
Ecco i suoi laghi e gli antri. Qui stavi, o scrittor degli amori?
Sacri non son or questi, ai Mani tuoi, poeta?4
Porta una Driade amata i rustici doni al suo vate,
ed il mirto ed i gigli e le vïole brune,
l’edera porta e del maggio i doni fiorenti. Corinna[3]
stessa tra il verde appare, canta del fiume all’aure.8
“Erriamo, o Amor, pei prati, non v’è chi disturbi gli amanti,
può la fanciulla presso stare al diletto suo.
Teneramente abbracciati sull’erba l’auretta ci sfiora,
(lieve l’Amor trasvola) con un battito d’ale.12
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