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libro iii 75

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Venere sola concede le gioie che rendon la vita
bella allo sposo amato, cara all’amata sposa;120

ciò ch’è tenero e dolce e ciò che diletta Imeneo
dà: in una sola bocca doppio un respiro chiude.

Mutan le note, la sera tramonta nel cielo e s’asconde:
al sonno la divina Venere già c’invita.124

Dentro alle stanze venne Imene felice e l’augurio
diede: ma già gli sposi dormono il dolce sonno.

Dorman le placide notti in dolce concorde quïete,
con unanime senso colgano i dolci pomi:128

fiori l’april, l’estate le messi, l’autunno dà l’uve,
ma in ogni tempo care gioie l’amor concede.[1]

.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .

Cosí l’edera al tronco s’abbarbica, e tal le colombe
baciansi, un lieve murmure dalle lor bocche s’ode.

Breve è l’april della vita: coglietene i fiori piú belli,
s’addicono all’aprile d’ogni piacer delizie.136

La gioventú godete sí breve: e dal vostro piacere
prole dei nonni date al cupido desio.

Simile nasca un bimbo a Paolo[2] vivace e vezzoso,
che d’entrambi i suoi nonni mostri l’esperto ingegno.140


  1. Si tralasciano due versi.
  2. Allo sposo d’Aurelia.
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