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Quest'ultima quartina ci dà un po' di biografìa del Confìgliachi. Questi doveva probabiinìente il posto che occupava al Giar- dino a un Giuseppe Fossati (uno dei più vecchi soci, anzi uno dei fondatori) che gli era stato padrino al fonte battesimale a San Bartolomeo. Per provare di essere cristiano, il Confìgliachi accenna al suo padrino, e scherza sul doppio senso della parola *Fossaa* (fos- sato. Fossati). E mentre dice letteralmente che egli fu benedetto da vera acqua milanese, dal ^jossaa che gira in zecca* (la roggia Balossa scorreva vicino a San Bartolomeo e azionava le rodigini della Zecca) allude anche al signor ^ Fossaa* che "gira" che è impiegato in Zecca. Il Fossati era infatti assaggiatore di metalli ali imperiale regia Zecca di Milano. Il Confìgliachi aveva dunque oltre il Porta, un altro buon protettore alla Società del Giardino. Questo spiega in parte il perchè, malgrado la sua sgraziata fìgura, e la sua sciatteria, possa aver durato tanti anni in servizio. Ma la stella di Akmett, che l'umorismo del Porta ha para- gonato a quella di Napoleone, sta per tramontare. Cogli anni crescono i suoi bisogni e la sua miseria. Nella ^ stocca Ja^ del 1814 egli si presenta ancora coi suoi due aiutanti, A la testa de tutt el battajon Di tata bisogn In questo sonetto si nasconde una malinconica ironia. Akmett ha qui l'aria del capo di una Commissione interna, che jìarli in termini scherzosi e confìdenziali, ma anche un po' pretensiosi. Era l'anno del Congresso di Vienna, che si trascinava in lungo fra feste, chiacchere e banchetti. Akmett vuol fare come i congressisti. E chi el protetta a tucc che i so intenzion Hin qui) de tucc i Roi belligerant Cioè de paccià e bev e sta d'incant Ai spali (con soa licenza) dì mincion, e concludendo consiglia ai soci di arrendersi e di dargli colle buone e all'amichevole quello che chiede. Povero Akmett I Malgrado tutte queste proteste, e queste buone intenzioni, il suo desiderio di star d'incanto era ancora ben lontano dall'essere appagato. Il sonetto in cui egli è descritto