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Allor fu la paura un poco queta,
Che nel lago del cor m’era durata
La notte ch’io passai con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata
Uscito fuor del pelago alla riva,
Si volge all’acqua perigliosa, e guata;
Così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
Si vols’a retro a rimirar lo passo
Che non lasciò giammai persona viva.
Poi ch’ebbi riposato ’l corpo lasso,
Ripresi via per la piaggia diserta,
Sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso;
Ed ecco, quasi al cominciar dell’erta,
Una lonza leggiera e presta molto,
Che di pel maculato era coperta.
E non mi si partia dinanzi al volto,
Anzi impediva tanto il mio cammino,
Ch’i’ fui per ritornar più volte volto.
Tempo era dal principio del mattino,
E ’l sol montava ’n su con quelle stelle
Ch’eran con lui, quando l’amor divino
Mosse da prima quelle cose belle;
Sì ch’a bene sperar m’era cagione
Di quella fera la gajetta pelle,
L’ora del tempo e la dolce stagione: