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Maria.
Sì. — Ve lo dissi: l’isolamento, la solitudine della mia vita mi pesano, mi sono insoffribili. Dio non mi concesse le dolcezze di un affetto figliale, ed io ne sono sitibonda. Ringrazierei il cielo, se me le accordasse nella vostra Carolina.
Matilde.
Signora, nessuno meglio di voi può comprender quanto debba costarmi il rinunziare a queste dolcezze — e nessuno comprenderà del pari meglio di voi se per l’avvenire di Carolina, per assirurarle quella fortuna indipendente che salverà la sua giovinezza da molti pericoli, io non esito a dirvi: il giorno in cui mi chiederete che abdichi per voi: ai diritti di madre... lo farò.
Maria.
Oh! grazie! — Correte dunque, correte subito a prendere la vostra Carolina.... stava quasi per dire mia figlia.... Oh! mi pare già di essere madre....
Matilde.
(con cupa tristezza). E a me pare di non esserlo più! ma Dio vi benedica, o signora. Voi mi togliete il più grande dei dolori — quello di lasciare anche la miseria a mia figlia!
(esce).
Maria.
No, quella donna non sa esser madre; no, essa non ama sua figlia.