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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Praga - Memorie del presbiterio.djvu{{padleft:112|3|0]]puoi dire e lo può dire Mansueta e Don Luigi e tutti lo possono dire. Le nostre baite erano vicine; mio padre e mia madre, suo padre e sua madre si davano del tu fin da quando erano fanciulli alti come quei due poveretti che sono usciti testè...

Qui s’interuppe, e disse a bassa voce, quasi parlando a sè stesso:

— Perchè li abbiamo messi al mondo, perchè?

E, ringolfandosi nelle memorie, continuava:

— Ella veniva ogni mattina a distendere il fieno sull’aia che separava le nostre case; e cantava una canzonetta... che era il mio spuntare del sole.

Ti ricordi, Baccio, che bel giorno fu quello delle mie nozze con Gina? Sono passati undici anni. Il mio testimonio era quel galantuomo del signor De Emma. Come scampanavi di gusto, buon Baccio!...

Ed ora è morta e infracidisce nella sua cassa!... E sapete chi me l’ha uccisa? Quel cane di sindaco che morirà per le mie mani come è vero che ci sono Gesù e la Madonna e l’Eterno e lo Spirito Santo in paradiso.

A queste parole guardai Baccio in viso; egli aveva la bocca chiusa ermeticamente, e gli occhi spalancati oltre ogni umana possibilità. Tremava dalla testa ai piedi.

Beppe dilaniava un tovagliolo con dita convulse, e, senza accorgersene lo inzuppava di grosse lagrime intermittenti.

— Dio di bontà, esclamò Baccio, dando un crollo a tutta la sua zoppicante persona, è venuta la fine del mondo?

— La verrà e presto; sentirai. Parecchi già avevano avvertito la mia Gina che quel birbone la guardava con certi occhi, che so io, in un modo che non

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