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Il giovane al colmo della confusione voleva buttarsegli ai piedi.
Egli lo trattenne, lo strinse fra le braccia.
— Ho fatto male, ripetè con maggior forza, molto male, ma, se Dio vuole, vi metterò riparo.
Poi piegando la sua testa fino ad appoggiar la guancia sui capelli di Aminta, soggiunse intenerito:
— Tu non tornerai più dal De Boni. È la Provvidenza che mi ti manda; ch’ella sia benedetta, poichè si è degnata di soccorrere la mia debolezza. Il mio cuore ti desiderava, ti cercava, tu sei venuto; ebbene tanto meglio! tanto meglio!.... Oramai il tuo avvenire mi appartiene; per fortuna nessun vincolo giuridico ti lega alla persona che finora s’è incaricata di te. Farò il possibile per risarcirti di quel che hai sofferto, voglio che tu sia contento, figliolo mio; penserò io alla tua sorte.... intanto per ora starai con me, — questa casa è, come nei giorni della tua fanciullezza, la tua;.... tornerai ad abitare la cameretta d’una volta.... poi vedremo cosa s’ha da fare.
Don Luigi, così dicendo guardava me e la Mansueta come volesse prenderci a testimoni del solenne impegno che si assumeva.
Noi eravamo sopraffatti dalla commozione, dalla meraviglia, dalla riverenza.
Quanto ad Aminta egli non poteva parlare: ricambiò il suo benefattore con uno sguardo di riconoscenza, di gioia ineffabile.
Io mi chiedevo quali crudeli esigenze avevano potuto separare in questo mondo così arido di sentimenti generosi, quelle due nobili creature, così degne l’una dell’altra, fatte per comprendersi e per corrispondersi. È strano, anzi è triste, molto triste: