Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 158 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Praga - Memorie del presbiterio.djvu{{padleft:168|3|0]]se vi sono due cuori che si vogliano bene davvero tutto cospira contro di essi per disgiungerli, per strapparli l’uno dall’altro, ed essi passano il maggior tempo della vita lontani a desiderarsi; per cui quel loro tesoro d’affetti invece che di conforto riesce loro una squisita tortura.
Don Luigi avvertì poi il singolare vestito di Aminta:
— Poveretto, come sei ridotto! sclamò a mani giunte.
Queste parole scossero Mansueta dal suo stupore: in lei la sollecitudine della donna tornò a prevalere.
Ella descrisse gli strapazzi patiti dal nipote e assicurò che egli doveva esser digiuno dalla mattina in poi.
— Orsù, disse il curato, affrettate la cena e mettete a tavola un coperto per lui. E portategli subito qualcosa.
Poi presolo per mano lo trasse amorevolmente con sè, facendomi cenno di seguirli.
Nel tinello c’era don Sebastiano. Seduto davanti la tavola già apparecchiata, al suo solito posto, leggeva il breviario aperto nel piatto, come si legge il giornale per ingannare il tempo e l’appetito: — sbrigava il Signore apprestandosi a soddisfare le più gradevoli esigenze del ventre.
Quando il curato entrò con Aminta, levò gli occhietti grigi sopra agli occhiali e scattò loro uno di quei suoi sguardi freddi, penetranti da inquisitore.
Bisognava rispondere.
È curioso come don Luigi, spirito superiore, subiva l’ascendente di quell’uomo volgare.
S’affrettò a informarlo dell’accaduto, e a partecipargli le sue risoluzioni per il giovine chierico.